Meri Nigro (Ceglie Messapica, 1982), esordisce nel 2010 con "Il mendicante di pensieri" (Edizioni La Gru), romanzo vincitore del Premio della Critica al "Premio Valentina 2011", e vince il premio "Zero a Zero 2014" con il racconto "il cielo tra le righe". Pubblica nel gennaio 2015 il romanzo "In dispensa, bile" (Edizioni La Gru).
Spesso mi ha fatto pensare
Music is your only friend until the end
sabato 29 ottobre 2016
Meriloqui in illudoteca
L'illudoteca è un posto immaginario dove intrattenere illusioni con giochi di pensieri. "Poesie" e "Meriloqui" si alternano in questo spazio: un piccolo viaggio.
martedì 15 ottobre 2013
Nova
Questa canzone dei Verdena parte esplodendo come un'acquazzone. Ascoltarla dà la stessa sensazione di essere sorpresi da un improvviso acquazzone in estate. La
velocità e la ferocia delle gocce pian piano si attenuano, o
semplicemente, ci si abitua ad esse fino a quasi ignorarle, quando parte il testo: dolcissimo, disperato, quasi implorante. Il
linguaggio è sempre a metà tra il pensiero e la parola, quel momento che
succede l'elaborazione di un senso che ancora non è frase, probabilmente il più
vero. Quell'azione in cui si immortala con una fotografia l'istante preciso
che separa il sogno dalla realtà, la quiete del sonno dalla razionalità del risveglio.
Ecco, io questa canzone la sento in questo modo, la immagino così. Loro che si sono amati
su una spiaggia e lei che all'alba quando l'acquazzone si attenua va via. Lui
percepisce esattamente questo, nella mente confusa ed in bilico tra ciò
che è stato e non è più, e si rivolge a lei. Proprio come quando un rumore interrompe il
sonno profondo e non si sa dove ci si trova e perché. L'acquazzone riprende più forte di prima e diviene temporale ed anche la voce assume un tono diverso, forse per farsi sentire nonostante i tuoni, poco prima della fine.
Un viaggio in totale libertà in una delle tante stanze della mente.M. N.
lunedì 13 maggio 2013
Limiti
Ultimamente non tollero chi si eleva a giudice in campi artistici e si accanisce nei confronti di personaggi che pur essendo "giudicabili" come chiunque intraprenda una carriera in questi ambiti, hanno comunque lasciato un segno nella storia. Non sopporto i ragazzini che odiano (già termine esagerato) un Vasco Rossi così, perché magari ha trent'anni di carriera alle spalle e qualche strafalcione negli ultimi tempi (per me gli ultimi lavori sono inascoltabili). Non si può considerare una merda uno così. Io non lo amo da fan, ma come si fa ad "odiare" uno che almeno non assomiglia a centomila altri? Vasco ha avuto alle spalle molte persone valide; certo nessuno ha fatto tutto da solo. Possono dire tutto ciò che vogliono, ma ci salissero loro su un palco o collaborassero loro ad un brano prima di dire che non vale niente o che deve addirittura morire non si sa bene perché. Ascoltassero un brano a caso di un album prima del '99.
L'accanimento per sentirsi intellettuali io non lo concepisco, in troppi casi. L'altro è Ligabue che non amo (nello stesso modo) da fan, ma che non è possibile considerare nullità perché anche lui non assomiglia a nessuno ed ha scritto, collaborato, cantato e presentato cose che in qualche modo sono identificabili. E quelli che spopolano nei reality allora che cosa diavolo sono? Va bene la musica ricercata, va bene la musica alternativa, vanno bene i sottovalutati. Vale anche sempre la legge del "se non ti piace non sentirlo". Se Vasco non avesse avuto il riscontro che ha avuto sarebbe forse diventato un Dio per le stesse persone che lo considerano basso, così come l'altro. Non sempre successo e popolarità equivalgono all'essere scarsi, almeno nei due casi che ho citato. Per essere popolari adesso ci vuole poco: una bella faccia ed orde di ragazzine che televotano e si strappano i capelli per un prodotto. Ma Vasco no, per me non è un prodotto, e se poi ci ha pure guadagnato è stato perché ad ogni modo se lo è meritato. Io non capisco perché se si ascolta Battiato si debba automaticamente associare al vomito Vasco. Ognuno ha il suo ed ognuno è il suo. Non c'è la necessità di scartare dalla propria vita il gelato se ci piace la pizza, sono due cose diverse. Questa specie di guerra per sembrare intelligenti in base a ciò che si ascolta non ha senso, la cultura unisce e non sopprime, la cultura sta nell'anima di chi ascolta. Sta in chi riceve il compito di cogliere o non cogliere. La merda è ben altro, i prodotti sono altri per me. Il vero limite sta in chi si chiude nel pensarli come tutta la musica del mondo. Il fatto è che politicamente, musicalmente, sportivamente, la maggior parte della gente preferisce buttare fango su ciò che non segue, piuttosto che sottolineare il bello che c'è in ciò che sceglie di seguire.
M.
giovedì 21 marzo 2013
una bellissima ragazza
"..Ho un cuore appassionato, quasi allegro, quasi triste..che si posa quasi sempre su qualcosa che già esiste..."
venerdì 15 marzo 2013
Un tempo piccolo
Califano è un grande poeta, lo hanno detto in molti, ma in molti lo hanno dimenticato. Se ne ricorderanno, come al solito, quando un artista finisce il suo percorso, osannandolo come se lo avessero da sempre amato; come da un po' di tempo a questa parte succede con i social network e le televisioni, di iniziare a conoscere ed amare qualcuno solo in quanto passato a miglior vita. Certo, è sempre meglio di non ricordarlo affatto. Non che non abbia avuto il suo meritato successo, solo che spesso non capisco l'esaltazione di chi non c'è più da parte di chi non l'ha mai considerato prima, ma questa è un'altra parentesi che spero non si verifichi per i prossimi cent'anni.
Un tempo piccolo è stata scritta da lui, dopo un elenco infinito di capolavori che sappiamo ed è stata interpretata dai Tiromancino nel 2005. La prendo in considerazione perché credo sia degna di essere ricordata, letta, studiata, ascoltata e sentita. Ogni piccolo spazio che l'accoglie è uno spazio in più per ricordare quanta poesia possa esserci nella musica, quanto una canzone possa descrivere e spiegare la bellezza di un momento che per chi lo vive diviene qualcosa da dimenticare. Forse l'arte si definisce proprio in questo, nel riuscire a fermare un tempo che si vorrebbe cancellare, ma così prezioso per chi vive di emozioni che per quanto negative portano a creare sensazioni in cui riconoscersi.
Diventai grande in un tempo piccolo
Comincia così, con l'emblema della vita. La sofferenza fa crescere, non fa migliorare; dice infatti diventai grande. Non sono più un bambino, quindi non sono più felice; perché la felicità è non sapere, la felicità da grandi si figura nella maniera più assoluta ricordando quando si era piccoli e non si conosceva la vita e tutto ciò che ne consegue.
Diventare grandi è smettere di sognare, di credere alle favole, di cercare le risposte e soprattutto scoprire che ogni cosa ha una fine. La fine di un amore in cui si è creduto fino in fondo, magari il primo importante, porta a questo. Si pagano le conseguenze dell'essersi figurati la felicità come ad una vita da trascorrere con una persona; non c'è errore più grande, perché quando quella persona decide di andare interrompe tutto. Tutto si ferma. E si diventa inevitabilmente grandi, nel senso di infelicità più totale.
Questa canzone per me descrive quel momento di disperazione in cui tutto sembra perso, niente è come prima. Come se ad un tratto il sole un giorno smettesse di sorgere, o di tramontare, o la luna diventasse quadrata. Certezze che precipitano, vita da ricostruire, sì, ma dopo lo sgomento del dolore. Così il protagonista vive questo momento nuotandoci, nel dolore, nell'incoscienza, prima di poter rinascere. Sregola una vita che probabilmente prima lo era.
Diventare grandi è smettere di sognare, di credere alle favole, di cercare le risposte e soprattutto scoprire che ogni cosa ha una fine. La fine di un amore in cui si è creduto fino in fondo, magari il primo importante, porta a questo. Si pagano le conseguenze dell'essersi figurati la felicità come ad una vita da trascorrere con una persona; non c'è errore più grande, perché quando quella persona decide di andare interrompe tutto. Tutto si ferma. E si diventa inevitabilmente grandi, nel senso di infelicità più totale.
Questa canzone per me descrive quel momento di disperazione in cui tutto sembra perso, niente è come prima. Come se ad un tratto il sole un giorno smettesse di sorgere, o di tramontare, o la luna diventasse quadrata. Certezze che precipitano, vita da ricostruire, sì, ma dopo lo sgomento del dolore. Così il protagonista vive questo momento nuotandoci, nel dolore, nell'incoscienza, prima di poter rinascere. Sregola una vita che probabilmente prima lo era.
mi buttai dal letto per sentirmi libero
vestendomi in fretta per non fare caso
a tutto quello che avrei lasciato
scesi per la strada e mi mischiai al traffico
vestendomi in fretta per non fare caso
a tutto quello che avrei lasciato
scesi per la strada e mi mischiai al traffico
Cosa fare al primo risveglio dopo una storia finita? Una sorta di strada mai percorsa che ci si impone di percorrere per non morire. Resta di vivere, ma vivere come? In qualsiasi modo quel momento conceda; allora ecco che non importa più come vestirsi, nè cosa si lascia, perché è meglio non fermarsi a pensare.
rotolai in salita come fossi magico
toccando terra rimanendo in bilico
diventai un albero per oscillare
spostai lo sguardo per mirare altrove
cercando un modo per dimenticare
toccando terra rimanendo in bilico
diventai un albero per oscillare
spostai lo sguardo per mirare altrove
cercando un modo per dimenticare
Poi torna a casa, dipinge, beve, pranza all'ora di cena, prova a leggere, riempie di qualsiasi cosa il tempo che non è più lo stesso e non ha più orari, nè regole.
Un tempo piccolo basta per amare, ma per dimenticare non basta una vita, o almeno così si sente in quel momento. Come qualsiasi altra malattia, lutto, come qualsiasi cosa negativa che a venire non ci vuol niente ma che per passare nel modo migliore viaggi, vedi e soprattutto vivi perché pensi che si debba coprire, riempire di vita, di altro, finchè non c'è più spazio.
Alla fine il pensiero è sempre e solamente una strada circolare che per mille volte devi percorrere per abituarti a guardare il punto di partenza con indifferenza e solo allora capirai di esser guarito. Solo allora potrai rinascere sotto le stelle, anche se la parola chiave non è mai scordare, ma piuttosto abituarsi ad un'assenza e conviverci.
M.N.
venerdì 8 marzo 2013
Oceano di gomma
Oceano di gomma è una delle canzoni più belle, profonde, dolci e struggenti che io abbia mai ascoltato. Basta ascoltarla per immergersi nel sentimento di un uomo che non sa come rifugiarsi, cosa pensare, come comunicare con un amico che ha perso probabilmente a causa della droga.
Un fiore d'oppio in porcellana e roccia
così lo descrive. Credo sia uno dei versi più belli che io abbia mai letto e che non ci sia bisogno di aggiungere altro. In queste parole si racchiude il senso di tutto il brano in cui lui si ritaglia un piccolo spazio per poter pensare di avere ancora un contatto, anche se solo attraverso un pensiero.
beh almeno tu sei vero
anche se sei solo pensiero
chi di noi due è reale
tu non sei più vivo
e io non sono mai stato capace di amare
Si chiede chi dei due sia più reale, perchè lui è ancora vivo ma ha comunque perso la sua dimensione, in quell' oceano gommoso come l'oppio che ti culla e che ti inganna fino ad ingoiarti.
il prezzo è un po' il mare
sembra che ti culli
ma poi ti vuole ingoiare
Così lui si figura un mondo tutto loro, che magari gli altri faticherebbero a capire, in cui può ancora ritrovare quell'anima dalla quale si sentiva compreso, anche se non c'è più.
tu per me sei vero
sei il mio più dolce pensiero
è solo tuo e mio il finale
credo che per gli altri sia solo
imbarazzante e virtuale
sei il mio più dolce pensiero
è solo tuo e mio il finale
credo che per gli altri sia solo
imbarazzante e virtuale
lunedì 4 marzo 2013
4 marzo 1943
Con un semplice Ciao accompagnato da un balletto portava l'allegria mentre dipingeva un affresco che fotografava sulla stessa parete la vita e la morte, descriveva l'indifferenza. Oggi avrebbe compiuto settant'anni, per la maggior parte spesi ad essere, comunicare, esprimere, quindi vivere. Non si può dire che come molti altri sia stato sottovalutato e poi riscoperto solo quando era troppo tardi, ma si può dire che resta qualcuno che vale la pena di non dimenticare.
Sono molte le canzoni di cui si potrebbe parlare, ma oggi è il 4 marzo e non si può ignorare questo pezzo. Il testo nasce dalla penna di Paola Pallottino e con il titolo Gesù Bambino, cambiato a causa della censura (insieme ad altri versi) con la data di nascita di Dalla, pur non essendo autobiografica. Come una vecchia foto descrive un pezzo di storia, attraverso la vita di un uomo nato da una ragazza che aveva quindici anni ed uno straniero che non ha mai conosciuto, perchè ammazzato subito dopo averlo concepito. Un giorno di guerra con la tregua di un amore appena nato e finito ancor prima di cominciare, ma che lascia il segno di una vita. Una vita difficile che viene raccontata semplicemente, senza inutili giri di parole, ma con una strofa per ogni avvenimento che la segna. A dividerle, un refrain geniale di violino.
L'incontro della ragazza con l'uomo che subito dopo muore in guerra
L'incontro della ragazza con l'uomo che subito dopo muore in guerra
Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare
parlava un'altra lingua,
però sapeva amare
e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato
l'ora più dolce
parlava un'altra lingua,
però sapeva amare
e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato
l'ora più dolce
prima di essere ammazzato
La vita della ragazza che da sola porta avanti la gravidanza con amore e poco denaro
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto
con l'unico vestito
la stanza sul porto
con l'unico vestito
ogni giorno più corto
e benchè non sapesse il nome
e neppure il paese
mi aspettò come un dono d'amore
e benchè non sapesse il nome
e neppure il paese
mi aspettò come un dono d'amore
fin dal primo mese
La sua giovane età che la rendeva inadeguata
Compiva 16 anni quel giorno la mia mamma
le strofe di taverna,
le cantò a ninna nanna
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare
giocava a fare la donna
le strofe di taverna,
le cantò a ninna nanna
e stringendomi al petto che sapeva,
sapeva di mare
giocava a fare la donna
con il bimbo da fasciare.
La brevità della sua vita, appena accennata
E forse fu per gioco
o forse per amore
che mi volle chiamare
che mi volle chiamare
come nostro Signore
Della sua breve vita
Della sua breve vita
è il ricordo più grosso
è tutto in questo nome
che io mi porto addosso
che io mi porto addosso
La storia è narrata in prima persona dal protagonista, chiamato Gesù Bambino probabilmente perchè metaforicamente anch'egli è cresciuto prevalentemente con sua madre ed aveva un rapporto molto stretto con la gente ed i posti più semplici.
E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.
Presentato a Sanremo nel '71, il brano è arrivato terzo e ha fatto il giro del mondo.
M.N.
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